Social a Capitol Hill
Abracadabra: il potere (quasi) assoluto risiede nei social?!
Probabilmente, se i villan delle fiabe Grimm o dei cartoni Disney fossero stati informati dell’esistenza dei social network, avrebbero gettato a terra lampade magiche, mele avvelenate e aghi appuntiti.
O piuttosto avrebbero espresso la volontà di ottenere potere assoluto sui social e possibilità di arrivare alla gente e di comunicare il loro messaggio senza interferenze.
Avrebbe voluto questo potere anche l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ma sfortunatamente (per lui) le cose sono andate diversamente.
Antefatto
Chi ha seguito le cronache degli ultimi giorni sa già di cosa stiamo per parlare.
Per chi non lo ha fatto invece tenetevi pronti, perché questa sembra la trama di un film degli Avengers.
Il 6 Gennaio, una fascia di estremisti repubblicani, incitati dai tweet complottisti e rivoltosi di Donald Trump, ha assaltato Capitol Hill per impedire la seduta di conferma della vittoria di Joe Biden.
In pieno scenario da film di fantascienza, i rivoltanti hanno fatto irruzione armati di pistole e lacrimogeni e hanno vandalizzato e occupato il congresso di Washington. Il tutto ha comportato l’arresto di 52 persone, la morte di 4 e le dimissioni del capo della sicurezza.
Facciamo un passo indietro.
Cosa ha scatenato l’inizio di queste rivolte negli Stati Uniti? L’uso del plurale è doveroso in quanto quello che è successo a Capitol Hill non è un caso isolato.
Tutto è iniziato quando Donald Trump è stato sconfitto da Joe Biden nella corsa alla presidenziali.
L’ex presidente degli Stati Uniti ha allora iniziato una seconda campagna, questa volta sui social, in particolare su Facebook e Twitter. Giurando di essere vittima di un complotto e gridando alle elezioni truccate, ha giorno per giorno alimentato nei suoi elettori la voglia di rovesciare il governo attuale e di ottenere giustizia.
Scene già viste?
Ti sembra una scena già vista? Forse è perché nella storia tutto questo si è ripetuto più volte, in forme diverse.
Basti pensare alla rivolta egiziana del 2011, nata per mettere fine al trentennale regime del Presidente Hosni Mubarak e sfociata in scontri violenti con le forze dell’ordine. Di nuovo torna il ruolo dei social: qui però vengono oscurati dal governo, per non permettere che la notizia della rivolta arrivi alle altre nazioni.
Altro esempio particolarmente calzante, quello del movimento 5 stelle, nato tra le piazze e sui social e salito poi al governo. A conquistare gli italiani è stato proprio il modo in cui il partito, o come direbbero loro la “libera associazione di cittadini”, si è presentata al pubblico.
Beppe Grillo infatti è stato uno dei primi politici italiani a servirsi di una strategia online e offline per promuovere le sue idee.
Dal social network Meetup dove ha dato vita agli Amici di Beppe Grillo, alle manifestazioni in piazza per una democrazia diretta. Il resto è storia.
Capitol Hill!
Tornando a quanto successo a Capitol Hill, c’è stato un lieto fine: la propaganda social di Donald Trump è stata zittita dal capo dei Social, Mark Zuckerberg, che ha rimosso e bloccato il suo profilo Facebook per 24 ore con possibilità di blocco permanente.
Sebbene in passato Zuckerberg si sia mostrato riluttante a oscurare o bannare i messaggi di Trump e di altri presidenti in quanto “i social network sono nati per dare a tutti libera possibilità di espressione”, questa volta è giunto alla conclusione che bisognava schierarsi dalla parte della democrazia. Perché la libertà va difesa, ma non quando diventa minaccia pubblica.
Ora ti starà venendo voglia di gettare smartphone, tablet e pc da un cavalcavia, ma niente panico:
non sono i social il problema, semmai l’uso che se ne fa.
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